La divisa di cucina

Oltre a rappresentare una misura igienica la divisa professionale è indice della personalità e rappresenta un biglietto da visita della struttura in cui si lavora, un’uniforme sciatta e macchiata non fa pensare a nulla di buono sul locale.

L’uso di questi elementi particolari nell’uniforme è dovuto a motivi di praticità, di tradizione ma anche e soprattutto per rispondere a delle precise norme di legge. La legge prevede che “il personale deve eseguire il proprio lavoro in modo igienicamente corretto” e specifica che il personale di cucina deve indossare “tute e sopravesti di colore chiaro, nonché idonei copricapi che contengano la capigliatura”. “Tute, giacche, sopravesti, copricapo, devono essere tenuti puliti”, in caso di inosservanza delle prescrizioni vi sono varie sanzioni..

L’uniforme dello chef ha una storia lunga e leggendaria. La versione originale è stata creata in Francia all’inizio del XIX secolo. Era progettato per rappresentare l’abito militare indossato dai soldati francesi, poiché gli chef di quel tempo erano considerati parte dell’esercito. Fu solo all’inizio del XX secolo che il bianco divenne l’uniforme preferita. Da allora, è diventato un simbolo di classe ed eleganza.

L’uniforme dello chef è composta da vari componenti, ognuno con il proprio significato che vedremo nel dettaglio.

La divisa indossata dagli chef è molto più di un set di vestiti. È un simbolo che rappresenta la loro professionalità, autorità e orgoglio. È un modo per assicurarsi che il personale della cucina sia organizzato correttamente e infonde fiducia nei clienti. Comprendere il significato della divisa di cucina è essenziale per apprezzare appieno l’esperienza di una cucina professionale e per riconoscere il significato del contributo dello chef.

Simbolismo e Significato delle 100 Pieghe del cappello

Le 100 pieghe del cappello da cuoco non sono solo un elemento estetico, ma portano con sé un profondo simbolismo e significato. Ogni piega rappresenta una tecnica culinaria che lo chef ha padroneggiato, simboleggiando l’ampia gamma di competenze che un cuoco esperto deve possedere. Questa tradizione affonda le sue radici nella cucina francese del XIX secolo, quando il cappello divenne un segno distintivo di eccellenza e maestria. Le pieghe servivano anche a indicare il livello di esperienza del cuoco, con cappelli più pieghettati riservati ai più abili. Così, il cappello da cuoco non è solo un accessorio funzionale, ma anche un emblema della dedizione, della conoscenza e dell’arte culinaria.

NEL DETTAGLIO:

IL COPRICAPO

Il cappello è obbligatorio, non è un semplice elemento estetico, ma ha una funzione ben precisa: deve contenere e trattenere tutta la capigliatura. Nel corso dei secoli la forma del cappello da cuoco è variata più volte: solo nei primi decenni dell’Ottocento viene introdotta la “toque”, cioè un berretto tondo, privo di testa e di colore bianco. La scelta di questo copricapo è dovuta a Carème che lo adotta dopo averlo visto in testa ad un magistrato. Pur dovendo coprire tutti i capelli, i copricapi devono assicurare una buona aerazione del cuoio capelluto e proteggere dai fumi e dai vapori grassi. Un tempo erano di cotone inamidato; oggi sono prevalentemente in viscosa o in carta. Devono comunque essere leggeri, regolabili per dimensione e altezza ed in grado di assorbire il sudore della fronte. Al posto della toque tradizionale possono essere usate anche bustine, cuffie e se i capelli sono lunghi anche la retina

La giacca a doppio petto

E’ di  cotone ignifugo, o misto cotone poliestere, bianca e con ampio doppio petto in modo da formare una valida barriera contro il calore dei forni e dei fornelli o contro eventuali schizzi. Il sistema di abbottonamento deve consentire una rapida svestizione in caso di bruciature. I bottoni dovrebbero essere tondi e di stoffa in modo da resistere meglio ai lavaggi ed alla stirature. Le maniche vanno ripiegate fino al gomito in modo da lasciare il braccio libero, per potersi muovere con più disinvoltura e per poter lavare facilmente gli avambracci.

IL FAZZOLETTO DA COLLO

Detto anche scollino è un fazzoletto triangolare di cotone dal forte potere assorbente per arrestare il sudore. Fa parte della divisa ma oggi da molti non è più usato, superato secondo alcuni dai vari impianti di aspirazione e condizionamento d’aria.

Deve essere sostituito ad ogni servizio

I PANTALONI

Sono di cotone pesante per isolare il più possibile dal forte calore. Il disegno è a quadrettini bianchi e blu o bianchi e neri (pied de poule): questo disegno riesce a mascherare meglio le macchie di unto. Possono essere anche di misto cotone poliestere che, anche se protegge meno dal calore, non presenta rischi di combustione.

IL GREMBIULE

E’ di cotone extra o misto lino. Per il cuoco non presenta pettorina che vi può essere invece per pasticceri, fornai, ecc. Viene ripiegato all’altezza della vita per riparare di più dal calore: dovrebbe comunque arrivare ugualmente sotto il ginocchio.

Viene allacciato con due cordoni o con una catenella.  I cordoni non devono essere troppo lunghi per non rischiare che si impiglino nelle attrezzature.

IL CANOVACCIO (TORCIONE)

Anche questo dovrebbe essere di cotone o misto lino e va attaccato al cordone del grembiule. In questo modo è sempre a portata di mano : per sollevare un coperchio, prendere una pentola o una teglia calde. Non va usato per asciugarsi le mani o per pulire o asciugare utensili vari.

LE CALZATURE

Sono generalmente chiuse, di cuoio, con suola antiscivolo, resistenti, confortevoli, di colore chiaro e con il puntale di protezione in materiale composito o in acciaio. Rientrano nei Dispositivi di protezione individuale in base alla legge 81/2008.

L’impiego di zoccoli è invece abbastanza recente: questi hanno in genere la tomaia in pelle e la suola anatomica. E’ bene ricordare poichè è sconsigliabile lavorare con orologi, bracciali, catenelle ai polsi, in quanto ostacolano il movimento delle mani.

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